Cosa resta dell’umano quando ogni legame si spezza? Quando il tradimento non è solo gesto, ma abisso che inghiotte l’anima intera?
Nel Salone delle Feste del Castello di Poppi, dove le pietre custodiscono secoli di fazioni e memorie lacerate, Dante torna a interrogarci attraverso i Canti XXXII e XXXIII dell’Inferno.
Il Comune di Poppi e InArceDantis – Accademia Dantesca per le Arti e lo Spettacolo, con la direzione artistica di Stefania Maggini, invitano a un’attraversamento:
la vicenda di Ugolino, dove tradimento e compassione si fronteggiano nel punto più oscuro del viaggio.
Solo un mondo dilaniato dalle guerre poteva condannare così duramente il tradimento.
Parole che risuonano nel nostro presente, ancora lacerato da conflitti e divisioni che sembrano incancellabili.
Eppure Dante ci rivela che questa prospettiva appartiene unicamente all’Inferno: quando il poeta ascende al Purgatorio, al Paradiso, l’umanità si ricompone.
Dove cessa la divisione, il tradimento si dissolve, perde fondamenta. Non è possibile tradire dove regna l’unità, l’interezza, l’unica appartenenza.
Claudio Santori commenterà e poi interpreterà i versi con accompagnamento musicale, restituendo la potenza di una parola che ancora ci interroga e ci commuove nell’intimo.
La serata accoglierà altre esplorazioni musicali:
Stefano Del Rosso, in Ugolino in Canto, darà voce ai versi da lui musicati, accompagnandosi alla chitarra in una risonanza intima del dolore dantesco.
Roberta Soldani, con Dante a Pezzi, offrirà un’interpretazione a cappella tra sonorità antiche e contemporanee, per far respirare la parola poetica nel presente.
Un atto di umanità: portare musica nell’Inferno
Dante non volle musica nei gironi dei dannati. Dove l’armonia è infranta regnano solo gli atroci rumori delle pene.
Portare canto e melodia in quel gelo assordante è gesto blasfemo o poetico? Forse necessario. Un atto che interroga ciò che oggi osiamo, la soglia stessa tra giustizia e clemenza.
Ha senso offrire bellezza, armonia e conforto a chi ha agito con spietata malvagità? L’Inferno merita la nostra irrevocabile condanna, o possiamo concedere barlumi di pietà anche laddove ha prevalso la bestialità?
Se la musica è linguaggio universale che unisce ciò che è diviso, che eleva le bassezze dell’odio verso altezze inattese, può essa rigenerare la vita?
Può illuminare il senso nascosto nel male? L’amore che move il sole e l’altre stelle può raggiungere e scuotere anche i cuori di gelida pietra nel fondo della Caina?
Dante stesso, con la dolcezza straziante del suo verso, ci trasporta in un itinerario di compassionevole ascolto verso l’agghiacciante racconto del conte Ugolino.
Il poeta conosceva la tragica vicenda e, nonostante la condanna all’Inferno, forse intendeva salvarlo attraverso la pietà e la musicalità del canto.
Tra sussulti di abisso e ascesa, questo evento non intende offrire risposte definitive, ma aprire varchi.